Avrei una montagna di parole da dire, ricordi, sensazioni che mi evoca questo disco, di quanto sia importante a livello personale, del percorso di 3 ragazzotti della provincia più ostica d'italia (Aosta), dell'onestà che ci han messo in tutto, delle citazioni che sono state fatte e che potrei fare.
Ma il disco parla già da solo, statelo a sentire.
Henry Rollins potrebbe non piacere a tutti, ma c'è una cosa che è sicura, i "traguardi" a cui è arrivato se li è costruiti lui da solo, poi ok, è un personaggio particolare (date una letta a "get in the van" per capire di cosa parlo) ma le cose che ha fatto le ha sempre fatte al massimo e con grandi risultati.
Dopo che Ginn sciolse i Black Flag nel 1986, Rollins decide di intraprendere una carriera solista musicale oltre a quella di "oratore" che già iniziò ai tempi dei flag.
Insieme al chitarrista Chris Haskett scrive dei pezzi e, con una band fa uscire due dischi (tra cui lo spettacolare Hot Animal Machine) a nome Henry Rollins, in bilico tra le ultime cose dei Flag con delle influenze decisamente heavy metal e pure jazz. Il progetto gira bene, molto bene, cosìcché decide di mettere su un vero e proprio gruppo, aggiungendo alla formazione Sim Cain e Andrew Weiss, già in forza ai Gone di Greg Ginn.
La band gira parecchio e registra dei gran bei dischi, ovvero Life Time ('87), Hard Volume ('89) fino ad arrivare a questo The End of Silence, forse il loro disco migliore.
Il suono è maturo e potente, i pezzi sono lunghe cavalcate di rock pesante, quasi metal, con contaminazioni quasi jazz, i musicisti ci sanno indubbiamente fare, e Rollins fa quello che sa fare meglio, urlare, parlare, cantare, recitare testi rabbiosi incentrati perlopiù su temi personali e di rapporti umani.
Ah, in tour e anche studio avevano sempre appresso il tecnico del suono olandese Theo Van Rock, il 5° uomo, che produsse e registrò gente come i Negazione.
Erano un po' di giorni che volevo postare i Cramps, veri padrini di quello che sarà lo Psychobilly negli 80's e a seguire.
Il nucleo storico era formato da Lux Interior (pace all'anima sua), funambolico frontman e sua moglie Poison Ivy, chitarrista dal tocco rock'n'roll (ma dai?), che dopo un paio di singoli e soprattutto infuocati live, tra cui quello epico (cercatevelo su youtube) all'ospedale psichiatrico di Napa State, fanno uscire il primo LP, appunto "Songs the Lord Taught Us", un cupo latrato garage punk, batteria minimale e chitarre con il vizietto del boogie.
Come altre bande, non si sono mai più superati, anche se possono vantare una carriera comunque sopra le righe in generale. Nel 2009 Lux Interior ci lascia e così finisce anche la storia del gruppo.
Troppo facile sarebbe stato, oggi, il giorno dopo la morte di Lou Reed, postare chessò, il disco della banana o qualcosa sua solista tipo New York o giù di li.
Qui invece non si cavalcano le onde dei morti, così ecco sto disco dei Killing Joke.
Oscuro, angosciante, a tratti elettrico, c'è già qualche tocco quasi industrial (che in futuro entrerà appieno nel loro sound) il tutto con una potenza quasi metal.
Tralaltro andandomi a leggere un po' le bio dei 4, ho scoperto che all'uscita di questo disco avevano tutti tra i 20 e i 22 anni, e mi è salito gran sconforto, quindi la chiudo qui.
I Descendents sono una di quelle eccezioni alla mia tendenza (negativa) ad adorare i primi lavori di un gruppo e a snobbarne i successivi.
Sarà che comunque anche quando Milo se ne "andò in college" e Stevenson mise su gli ALL con un altro cantante i risultati sono stati comunque più che buoni, e l'album in questione, uscito in un periodo di dualismo tra le due band ne è la prova.
In ogni caso sono stati degli anni in cui il terzetto (più i cantanti) lavorava alla grande, e anche il successivo disco ALL (World's on heroin del 98) ne è la prova.
Comunque oltre a dei grandi pezzi, ritornelli da paura, il solito Stevenson che mette tutti i colpi al punto giusto e si mangia gli ottavi a colazione io noto sempre una grande chitarra di Egerton, pennate in giù a tutto spiano, che danno una carica impressionante.
Non me ne voglia "Milo goes to college" ma il loro mio disco preferito è questo.
Da ragazzino (12 anni? giù di li) li conobbi grazie alla compilation punk-o-rama 2, che conteneva Coffee Mug, e più la ascoltavo più pensavo "come fanno a suonare così veloci? è impossibile farlo più veloce!", ovviamente sono stato smentito presto (non solo dalla musica veloce in generale, ma anche da cover di un certo livello), però ancora oggi mi fa un certo effetto sentirla, e mi sembra tuttora un pezzo veloce.
I dischi più belli sono sicuramente quelli che oltre ad essere consumati ricordano anche un determinato periodo.
Con i Minor Threat fu amore a primo ascolto, sentiti da qualche cassettina passatami da chissachì mi imposero il fatto di reperirne subito un cd, cosìcché, io quattordicenne o giù di li, me ne andai al solito negozio di dischi della città, praticamente l'unico che teneva del punk, quel negozio dove entravo più di una volta a settimana e passavo delle buone mezz'ore a guardare i cd in esposizione, ma ero troppo squattrinato per comperarne.
Però qui era roba seria, dovevo prendere quel cd!
Così racimolai la cifra (della quale mi ero già informato ma ve la dico dopo), mi presento li e faccio al tizio (faccia da cazzo, tralaltro) "prendo il cd dei minor threat", "ok, sono 37 (trentasette) mila lire"
37 mila lire che al cambio che venne stabilito qualche anno più tardi sarebbero pari a 19€, ma vista l'inflazione è come se oggi pagassi 30 euro per un cd (!!!).
Insomma al tipo faccio "eh, però 37 carte son tante", e lui tutto baldanzoso (quasi arrogante) "eh, ma la dischord non ha importatori in italia, devono arrivare diretti dall'america". Con il senno di poi tralaltro a pensarci, l'assenza di distributori avrebbe dovuto tenere il prezzo più basso.
Ad ogni modo, gli smollo il malloppo e mi porto a casa il cd, lo metto su per la prima delle mille volte che ha girato poi, mi guardo il libretto, e sul retro del cd, a fianco di quella bellissima foto di Friedman con Nelson e il cane, leggo "This compact disc is only 12$" che al tempo, con il dollaro che stava a mille lire, equivalevano a 12 mila lire.
Fanculo, se lo ordinavo dalla dischord diretto non avrei speso più di 20 25 mila lire e magari mi beccavo pure dei gadget. Ah, la gioventù!
Parlando della musica, il miglior gruppo hardcore di sempre, nulla da aggiungere, pezzi epici e testi consapevoli. Da bere tutto d'un fiato!
Il bello del rrrock è che è pieno di storie, storielle, aneddoti.
Spesso questi aneddoti tendono a creare un alone di mistero e "magia" (se mi passate il termine) attorno a determinate band o dischi.
Questo è il caso degli Sleep, band nata negli anni 90 dedita a uno sludge-doom oltranzista di puro stampo sabbathiano. I nostri pubblicarono un paio di album (di cui uno mandato alla Earache come demo e poi pubblicato cosìcom'era, vi parlo dell'epico Holy Mountain) e un EP, poi vennero assoldati dalla London Records, e sotto la quale cominciarono a lavorare al nuovo disco (a quanto si dice i soldi che presero dall'etichetta vennero usati principalmente per pagare i debiti che i 3 squattrinati avevano collezionato negli anni).
Il disco in questione era proprio Dopesmoker, un delirio di pesantezza e misticità lungo più di un'ora.
L'etichetta rimase spiazzata e rifiutò di pubblicare il disco, rimandando gli Sleep in studio.
Così gli Sleep tornarono in studio, incisero un'altro pezzo, stavolta di 52 minuti e lo reinviarono all'etichetta.
La London si rifiutò di pubblicare anche questa, la cosa aumentò le tensioni all'interno della band che si sciolse (per poi riformarsi nel 2009).
Non è un disco facile, è un monolite lento, pesante e angosciante, prendetevi un'ora di tempo!
PS: ho segnato l'anno in cui sarebbe dovuto uscire, ma questa è la stampa postuma del 2003 (che a quanto pare non fu neanche la stessa versione che venne inviata alla London, ma comunque a detta di Cisneros è la versione migliore).
E la cover è quella della ristampa del 2012, che secondo me è la copertina più bella delle 3 che girano)
E allora siori ecco il disco che tanto ha lasciato il segno nelle nuove generazioni di metaller presi bene dai riffoni cafoni rockettosi e, perché no, dall'hardcore, presente gente tipo Cancer Bats, Black Breath, Burning Love? ecco.
Gli Entombed, dopo un paio di lavori di eccelso Death Metal come solo in Svezia sapevano (sanno?) fare, danno una svolta "rock" con questo disco, rallentando un po' le ritmiche e dando fuoco letteralmente alle chitarre.
Sarà stata la presa bene di Nicke Andersson, che di li a poco avrebbe fondato quegli Hellacopters che spesso hanno girato nel mio stereo.
Faccio notare che ho dovuto giracchiare un po' per trovare una copertina senza quel bruttissimo adesivo del "parental advisory" che tanto andava negli anni 90 e che per molti gruppi era pure un vanto.
A me ha sempre fatto cacare.
Ah, altra curiosità, la Earache pubblicò all'inizio una versione del disco con una cover con raffigurato il supereroe marvel Wolverine, tutto senza il consenso della band, la quale volle che fosse usato l'artwork realizzato da Andersson (che a dirla tutta non che sia tutto sto splendore eh! ma erano gli anni 90...)
Del filone punk '77 inglese, si, quello dei Sex Pistols o dei Clash sicuramente il mio disco preferito è questoqquà.
Dopo una serie di singoli killer usciti nel 77 gli Adverts entrano negli Abbey Roads studios per sfornare questa perla, tanto punk quanto elegante, nei testi di T.V. Smith tanto auto-dissacratori come la opener One Chord Wonder (Think "we're not needed here" / "we must be new wave - they'll like us next year") tanto controversi come Gary Gilmore's Eyes, che parla dal punto di vista di un paziente a cui sono stati trapiantati gli occhi del serial killer americano.
Il sound è quello con le chitarrine alte, quelle fiche, ritornelli super poppettosi e di impatto, in questo forse furono secondi solo ai Buzzcocks.
Ho deciso che il venerdì lo si dedica al melodicone! E qui siamo davanti a una pietra miliare del genere!
La prima creatura del die-hard Dan Yemin, la più melodica delle sue 3 (che finiranno qui sicuramente!) ma forse la meno immediata viste le sonorità poco attuali.
Il complesso è bellissimo, poi ci sono pezzi come Rodeo Clown che faccio fatica a ricordare dei pezzi più fichi, poi c'è pure la cover degli huskers.
Dal New Jersey, su Jade Tree records, poi ristampato in tempi recenti per No Idea.
Ah, l'anno scorso li ho visti suonare e mi è venuta una gran lacrimuccia!
Di dischi che si conoscono a menadito anche se sai quanto siano sdoganati.
Ecco, mi sta sul cazzo il 90% del fanbase medio degli ATDI, e la colpa è di questo disco. Il perché? è troppo bello, stop.
Poi magari nessuno di questi indiesticazzi si è degnato di dare un ascolto chessò ad Acrobatic Tenement e il suo emo così istintivo e poco pulito (che a me fa sburare).
Quel tipo di gente che magari si è fatto la trasfertona per andare a vederli al Coachella in una reunion che puzzava di merda al solo annuncio, visto come si erano lasciati, visto quanto poco ho apprezzato sia i Mars Volta (tranne frances the mute dai) che gli Sparta.
La gente fa un po' schifo, e anch'io me ne faccio un po'.
Forse la cosa più incredibile che va narrata è l'abbandono del chitarrista Aaron Dalbec dopo l'uscita di questo disco per incentrarsi al 100% sull'altro suo gruppo che sono i Bane.
Al di la di questo, qui c'è la bibbia di quello che è stato il nuovo corso dell'hardcore/metal dell'ultimo decennio. Ai tempi venivano sempre associati ai Dillinger Escape Plan, ma riascoltandoli con più lucida freddezza ci si accorge che le coordinate erano ben diverse, tanto per dire Ballou (chitarrista, quello spaventosamente bravo) cita tra le influenze di questo disco pure gli Hoover (gruppo purtroppo poco ricordato, dai che un giorno ve li racconto), che effettivamente nei pezzi più downtempo si possono anche sentire degli echi che li ricordano.
Ma alla fine c'è dentro di tutto, l'hardcore, il thrash, il grind, lo screamo, il math, tutto quello che volete.
Queste note all'interno del disco dicono un po' tutto.
Presente i Drive Like Jehu? Ecco, l'idea è quella, toglietegli le voci e dategli "un'intricata", ritmiche dispari ancora più serrate e fluidità che pesca a piene mani dal jazz.
I Don Caballero furono il passo che condusse il rock strumentale verso le nuove sonorità noise rock.
Violenza sonora, ma dal sapore prettamente prog.
Sembro quasi intelligente quando sparo ste minchiate!
C'è qualcosa di strano e magico in questo disco, a partire dall'astratta grafica di copertina, il feedback di chitarra iniziale/finale la voce di Rudy sommersa nel mix (come lui stesso insistette nel momento del mixaggio), i testi criptici e visionari ("la mani sul nilo e la sera si divide").
Come affetto sono più legato al ristampone di Sguardo realtà che ancora oggi mi pettina a dovere, ma qui siamo davanti a un capolavoro senza tempo, quello che viene ricordato negli anni, che pure all'estero è ricordato (paint it black a philadelphia).
"Dai, è venerdì, metti su un bel discone facile e fico" mi sono pensato stamane mentre mi trascinavo fuori dal letto.
Una delle mie colonne sonore portanti per quando vado in bici è composta sicuramente dagli Avail, gruppo che fu di Richmond Virginia. Tralaltro sciolti loro, morta la Lookut! Records che fece uscire diversi loro lavori tra cui questo Over the James, il loro capolavoro... quali altre certezze possono rimanere nella vita?!!?
Si, forse gli Avail come altri gruppi non-californiani di quel periodo vengono spesso accumunati a quel giro epitaph / fat wreck (per la quale poi fecero uscire un paio di dischi) di cui però alla fine si riuscivano a scorgere delle belle differenze stilistiche.
C'è carica nell'aria, i pezzi sono potenti e melodici al punto giusto, per questo sono riusciti a cogliere consensi anche in ambienti meno "melodici",
Alla voce ci era quel Tim Barry di cui forse qualcuno avrà sentito parlare riguardo ai suoi lavori da solista, che insieme a gente tipo Chuck Ragan o Brian Fallon porterà al grande pubblico quel genere di "punk che fanno i cantautori".
E Barry ovviamente è uno dei miei preferiti.
Ho scritto un'accozzaglia di cose per niente amalgamate tra loro ma sticazzi.
Con giornate così, arriva l'inverno la pioggia il freddo e tutta sta merda, pensi al deserto, a viaggiare su una decappottabile su una highway del sud della california, con un disco dei Kyuss a tutto volume.
Prendete del rock, pesante, spruzzatelo di blues, malato, condite con una buona dose di psichedelia (che viene garantita da massicce dosi di peyote, funghetti e quant'altro), ed eccovi servito il cocktail-kyuss, che poi negli anni è stato definito come stoner.
Questa la loro prova migliore, o quantomeno la più nota, al basso ha fatto in tempo a registrare quel mascalzone di Nick Olivieri prima di lasciare la band appena uscito il disco.
Venivano da Palm Desert, un posto dove ai tempi non essendoci posi per suonare (mi ricorda qualcosa) organizzavano dei "generator parties", concerti con un generatore, poca gente e birrette (anche questo mi ricorda qualcosa). Quando ci sono situazioni così escono sempre cose grandiose!
Visto che sono personaggi poi molto attivi, facciamo un breve resoconto di cosa han combinato i vari Kyuss dopo lo scioglimento:
Josh Homme: Queens of the stone age, storie con Dave Grohl, risse con Blag Dahila, gossip
John Garcia: Unido, Hermano, collaborazioni varie
Nick Olivieri: droga, Queens of the Stone Age, nudità, Mondo Generator, arresto, armi, Dwarves, droga
Brant Bjork: Fu Manch, Mondo Generator, robe soliste, bravo ragazzo
ah, tutti tranne Garcia hanno partecipato alle Desert Session, che vi consiglio di andare a scoprire se giànnonsapete perché c'è della roba raffinata!
Mi piace un sacco parlare dei miei dischi/gruppi preferiti, specialmente quando sono malcagati un po' da tutti (non sono riuscito a trovare un'immagine della copertina più grande di quella... anche l'internette non li considera molto).
La coppia Reis - Froberg dopo il breve ma intenso periodo con i Pitchfork parteciparono ad un altrettanto breve e forse più intenso periodo con quest'altro gruppo. Più intenso soprattutto per quel che riguarda il songwriting, che a detta di Reis si trasformava in una vera e propria "guerra" in sala prove.
Faccio notare che un anno prima dei Jehu, Reis aveva già fondato i Rocket From the Crypt, e indubbiamente lo scioglimento dei primi fu causato anche dalla fama che travolse i secondi, ma questa è un'altra storia.
Dopo un demo (che sono tralaltro riuscito a scaricare da poco) la band fa uscire questo discone, le atmosfere si dilatano ulteriormente rispetto ai Pitchfork, si arriva a pezzi di quasi 10 minuti, è tutto un susseguirsi di ritmiche potenti e ossessive (noto che questa parola esce spesso!), alternate magari a rumori di plettro che tamburella le corde (vedi O Pencil Sharp), cambi di tempo e di struttura da un secondo all'altro (sentite If It Kills You, forse il pezzo migliore del disco), gran lavoro di chitarre e una registrazione decisamente ottima.
Anche il seguente Yank Crime è una bomba, ed ammetto di aver fatto fatica a scegliere tra i due, forse come approccio è più semplice questo, però c'è da dire che con il secondo i viaggioni aumentano!
Strano rapporto ho con i sabbath... essendo cresciuto come "panc" ho sempre snobbato un po' il metal in tutte le sue forme, per me erano solo capelloni alle prese con assoli lunghissimi e di conseguenza pallosi.
Poi si cresce, si ascolta un sacco di roba diversa, ma loro rimangono sempre li nell'angolino... ti ricordano troppo quegli spocchiosi ragazzini metallari con quelle magliette oscene.
Alché un giorno di diversi anni fa mentre leggevo delle interviste ai Black Flag in cui raccontano di interi tour ad ascoltare cassettine di Iommi e soci, decido di andare più in la delle conosciute Paranoid, War Pigs, Iron Man (che avevo conosciuto grazie ai nofx, tralaltro), ecc.... e giù ad ascoltare la discografia.
Alché mi accorsi che un sacco di roba che già ascoltavo prendeva a piene mani dal repertorio del quartetto di Birmingham, ritmiche, riff, citazioni varie (ricordate i Butthole Surfers con Children of The Grave?), da quel che so furono i primi ad accordare gli strumenti "più bassi", invece che in MI all'inizio in RE# e da questo disco in poi in DO# per agevolare la suonata a Iommi, che qualche anno prima perse un paio di falangi in un incidente in fabbrica (tralaltro durante l'ultimo giorno di lavoro! che sfiga!).
I primi 5 album sono da antologia, poi degli alti e bassi, e secondo me Master of Reality è la loro opera maestra.
Ah, oggi ho tirato fuori i Sabbath perché stanotte ho sognato i Saint Vitus (!!!) gruppo di cui forse un giorno vi parlerò.
Stamane, dopo una domenica sera ossessiva nel ripetere sempre lo stesso disco, mi risveglio con un pezzo tratto dallo stesso stampato in testa. Nessuna idea, in nessun modo.
In aiuto mi vengono dei cari consigli, teste parlanti. Ecco... 77!
Purtroppo non ho trovato alcun aneddoto carino e ammetto di non aver mai letto libri riguardanti alla banda di Byrne e soci, ma posso sicuramente affermare che, come spesso accade, il loro disco che preferisco è il primo.
Il bello dei Talking Heads è che sembrano un gruppo inglese, poi ti accorgi che sono di New York, anche loro del giro del CBGB che portò in auge gruppi come Ramones, Television, Heartbreakers, ecc... ecco, a differenza dei loro soci avevano una minore tendenza verso le droghe e l'autodistruzione, non ci sono le chitarre distorte ma un basso pulsante dal sapore quasi dance, ritmiche fredde e minimali.
Nel complesso i pezzi sembrano canzonette (tipo il ritornello della superconosciuta Psycho Killer), ma sotto questa ballabilità e orecchiabilità si nascondeva un angoscia palpabile nei testi (che ovviamente non ho letto, ma deduco da quello che si capisce ascoltandoli).
Ammetto, quest'oggi volevo parlare di Tom Waits? Perché? Perché ieri sera un personaggio cercava di ricordare il nome di questo "pianista jazz", dopo mezz'ora di chiacchiere gli viene in mente che era Tom Waits... maccosa! un semplice "pianista jazz"??? Va beh, queste sono altre storie...
Poi mi sfoglio il giornale locale, si parla di elezioni, e vedo la scheda del purtroppo conosciuto a molti maurizio fugatti, uno dei boss della lega nord trentino, e con mia grande sorpresa sotto "gruppo preferito" leggo "CCCP di giovanni lindo ferretti".
Ovviamente mi è subito venuta in mente Punk Islam e mi sono fatto due risate. Possibile che la svolta catto-stocazzo di ferretti sia arrivata a far piacere gruppi politicamente ben definiti come i CCCP a certi individui?
Ad ogni modo, colgo la palla al balzo e vi pubblico sto discone, una delle cose migliori uscite dal punk italiano, pescano a piene mani dall'immaginario kraut-industrial di gente come Einsturzende Neubauten e Kraftwerk, dal punk rock americano, da certo post punk che-non-dico-Joy-Division-che-magari-qualcuno-si-incazza e poi una bella mazzata comunque di italianità (vedi Valium Tavor Serenase), cercando di limitare gli scopiazzamenti ma tracciando una via propria.
Successivamente si butteranno più su cose synth e art, con risultati alternanti, poi lo scioglimento porterà ai CSI, i quali porteranno ad altre cose che magari un giorno andrò a scoprire, però per ora un gruppo che si chiama "Per Grazia Ricevuta" mi tiene già alla larga a prima vista...
Ah, i Jawbreaker! Questa splendida creatura messa in piedi da Blake Schwarzenbach a fine anni 80, un po' sulla striscia lasciata dagli Husker Du, dopo aver pubblicato una manciata di ep/singoli, qualche split (i più notabili con Jawbox e Samiam), e 2 dischi, tra cui l'epico debutto Unfun, un tour con i Nirvana, quindi con i riflettori puntati addosso fanno uscire questo discone.
Sotto l'attenta supervisione di Steve Albini sfornano un album praticamente perfetto, facendo vedere che non serve la vocina melodica per fare del pop punk, la voce rauca e poco incline alle alte tonalità di blake si fonde alla perfezione su un tappeto melodico a tratti "poppy" (azzo vuol dire?!) a tratti malinconico.
Questo disco gli varrà un contratto su major per il disco successivo (e ultimo), cosa purtroppo che negli anni 90 divenne d'abitudine per i gruppi punk rock.
Sono consapevole del fatto che questa descrizione faccia particolarmente schifo, ma che vi devo dire, nessuno mi paga.
Oggi sono decisamente scabinato, quindi mi tengo sul semplice andante.
Semplice perché c'è poco da dire davanti a un gruppo così e ad un disco così.
L'unica discussione (la anticipo prima che qualcuno la tiri fuori, ho la testa schiacciata in una morsa) è perché questo e non Zen Arcade? o Candy Apple Grey? o Metal Circus? o Warehouse? ecc...
Questione di affetto, ultimo disco su SST, a differenza del predecessore Zen Arcade (per molti IL capolavoro) comprime nel formato standard dell'LP singolo un po' la loro essenza, fatta di "noise pop", grandi melodie e cori da lacrime, non c'è un pezzo uno che si salterebbe, a partire dall'epico pezzo che da il titolo al disco alla rumorosissima Plans I Made che segna gli ultimi solchi del lato B.
L'unico appunto forse è che, come praticamente tutti gli altri dischi degli Huskers, i suoni sono atroci, ma forse è questo che gli ha dato quel qualcosa in più.
Qui si parla di piezz 'e core. I Fuel, la band di San Francisco che suonava come le band Dischord di Washington DC, durati 2 anni, in tempo per far uscire questo LP (e anche un ep e uno split, entrambi contenuti nel download!) che di cose ne ha dette diverse.
Il sound potete immaginarlo, è quello tanto caro ai Fugazi e che poi ispirò alla grande band come Hot Water Music, 2 chitarre, 2 voci, melodia, testi personali mischiati a testi politici.
Nel gruppo militò Mike Kirsch (poi meglio conosciuto come Sarah Kirsch), poi in altre band come Pinhead Gunpowder (nei quali figurava un giovane Billy Joe Armstrong), Navio Forge, John Henry West, ...
Morì neanche un anno fa di Anemia di Fanconi, una patologia genetica che ahimè non le ha lasciato scampo.
Da non confondere con la band hard rock "Fuel", non sapete che fatica ho fatto a trovare la foto quassotto.